Un finanziamento milionario europeo accende il dibattito sulla vera sostenibilità del carburante del futuro. Le critiche sono durissime
L’Italia punta molto sulle nuove alternative al petrolio, ma la discussione si accende quando entra in scena la bioraffineria Eni di Livorno. Dietro i riflettori, tra pressione politica e decisioni strategiche, si muove la volontà di sostituire gradualmente benzina e diesel con soluzioni più rispettose dell’ambiente.

Il Governo spinge per il biocarburante auto, visto come la strada italiana per non abbandonare i motori termici nel futuro dell’automobile europea. Intanto, la Germania sostiene percorsi paralleli firmando per gli e-fuel. Ma al centro delle polemiche finisce l’imponente investimento di 500 milioni di euro appena approvato dalla Banca Europea per gli Investimenti: una cifra che testimonia la posta in gioco.
Biorcarburanti, può saltare tutto
Il caso diventa rovente quando sulla scena arriva Transport & Environment, una delle voci ambientaliste più ascoltate, e che a dritto al cuore della questione: soldi pubblici e sostenibilità reale vanno a braccetto? Secondo il gruppo, la gestione di questo maxi-finanziamento desta più di una perplessità.

La BEI, che si auto-definisce “Banca del Clima” europea, viene messa in discussione per la scelta di investire su un progetto dalla sostenibilità poco chiara. Il sospetto principale riguarda le materie prime: tanto l’Italia quanto Eni dipendono da prodotti “di scarto” come l’olio da cucina esausto e residui dell’olio di palma, materiali che però arrivano in larga parte dall’Asia e non sempre sarebbero facilmente tracciabili.
T&E cita dati precisi: le esportazioni di olio da cucina usato dalla Malesia verso l’Europa sarebbero, secondo ricerche interne, almeno tre volte superiori a quanto effettivamente recuperato. Il sospetto di frodi commerciali, quindi, aleggia su tutta la filiera. Anche perché l’Italia, insieme a Eni, è tra i principali importatori di questi materiali. Ancora più eclatante è il caso del POME, un residuo dell’olio di palma: l’Europa ne consuma il doppio di quanto sia disponibile a livello globale, altro indizio che qualcosa non torna.
La questione è aperta anche in vista del nuovo corso che la BEI vuole intraprendere dal 2026 con la sua Climate Bank Roadmap. Dal 2021 al 2025, la banca ha già destinato quasi il 20% degli investimenti europei ai trasporti, per un totale di oltre 61 miliardi di euro. In questa partita, il controllo sulle reali performance ambientali dei biocarburanti diventa cruciale per evitare colpi di scena e garantirsi una transizione autentica verso una mobilità pulita.
La palla ora passa alle istituzioni e agli operatori, che dovranno dimostrare che il carburante del futuro sia davvero pulito — non solo sulla carta. Se qualcuno vorrà replicare, lo spazio rimane aperto.